martedì 3 marzo 2020


TEUTA (Regina reggente degli Ardiei – 231-228 a.C)
Alle sponde di Durazzo sospirò il mare,
e con le onde si è imbattuto in un anima eroica.
Nemmeno Zeus ha potuto rendenti schiava
Come dalla vita cosi dalla morte sei scappata.
Sei tornata a vedere un'altra volta l’Iliria
Ma senza corpo, senza carne e Reggia.
Solo con una borsa riempita di speranza.
Hai vagato per le strade con l’antica mappa.
Hai visto le tue sponde in mani straniere.
Hai visto uomini immersi nella meschinità.
Hai visto l’acqua sporca e delle barche strane
che vagavano senza il minimo della dignità.
Hai visto gente offesa, stanca e umiliata
che vagando stavano e come statue vive apparivano
e invano ingoiavano ogni cosa che gli orchi offrivano.
Tu non ti sei inchinata nemmeno all’immensa eterna Roma.
Adesso vedi corvi che mangiano la loro patria.
E per vivere un altro secondo, vendono pure l’anima.
Per questo ti sei sconvolta è furiosa sei scappata
Tremando sbalordita dalla maledetta visione.
Il mare sospirò in silenzio come un orfano.
Tu sei andata di nuovo.
Chi sa dove…

lunedì 11 marzo 2019



IL PANE

Era il 1940 e in quel periodo l’Albania era sotto l’occupazione italiana.
L’occupazione italiana del Regno di Albania ebbe luogo tra il 1939 e il 1943, quando la corona del Regno Albanese fu assunta da Vittorio Emanuele III d'Italia, a seguito della guerra promossa dal regime fascista e dell'instaurazione del Protettorato Italiano del Regno d'Albania.
Mio padre insieme alle due sorelle e al fratello viveva a Korca in una strada che oramai è situata nel centro storico della città (ma all’epoca era considerata periferia).
In loro compagnia viveva anche lo zio e quindi il fratello di mio nonno. Un giovane di 20 anni con idee fortemente democratiche che frequentava il liceo francese. Esso era un istituto molto noto della nostra città che collegava Korca a Parigi.
Viveva in quella casa anche la zia di mio padre, che passava giorni e notti a leggere tutti i romanzi e i giornali che le passavano tra le mani. Mia nonna paterna Kristina era quella che si occupava di amministrare la famiglia mentre mio nonno Vasil mandava avanti un piccolo laboratorio di pasticceria.
Il bisnonno Peci (Petraq), tornato dall’America, aveva comprato il terreno per costruire la casa mentre la bisnonna Pina (Dhespina) aveva per anni contribuito a crescere ed educare i figli anche da sola con il marito in un altro continente molto difficile da raggiungere in quei tempi. Ognuno nel suo piccolo faceva qualcosa. Davano una mano anche i più piccoli. Tra un bombardamento ed un altro si giocava, si mangiava e quando si poteva si scherzava. I bambini davano allegria alla famiglia. Giocavano con Balo, il loro grande amico nonché cane fedele della casa.
Com’ è noto, in quegli anni c’era una grande carestia ed era difficile trovare il pane. Un pezzo di pane era prezioso come l’oro che le famiglie stavano dando via in cambio di un po’ di grano. Si mangiava la mattina quando era disponibile cosi da poter dar forza alle persone di lavorare. La sera, diceva mio padre, veniva  sempre preparata una zuppa di verdure di stagione. Potevi avere un mestolo solo.
Si intrecciavano in quella casa agricoltura e cultura. Non rimaneva niente da parte oltre la stanchezza ma riuscivano a sopravvivere in un tempo in cui già questo era abbastanza.
Ci furono alcuni giorni particolarmente difficili. Il pane mancava da tanto e a malapena si ricordavano l’ultimo pasto decente consumato. La tristezza invadeva il volto di mio nonno dal carattere molto sensibile mentre mia nonna Kristina cercava di dare coraggio tenendo sempre tutti impegnati in vari servizi per cercare di far dimenticare la fame, almeno provvisoriamente.
Proprio uno di questi giorni mio nonno stava esponendo sulla vetrina della pasticceria un vassoio pieno di llokume, un particolare dolce albanese ma di tradizione originaria turca fatto di zucchero e gelatina. Tanta gente si affacciava ma tutti erano in grandi difficoltà economiche. Mio nonno regalava qualcosa cercando di sfuggire allo sguardo severo della nonna, la vera contabile dell’economia domestica. All’improvviso in negozio entrarono due fascisti che chiesero il prezzo dei dolci. Mio nonno rispose loro, e questi ultimi, a loro volta, proposero uno scambio: il vassoio di dolci e 4 monete di oro in cambio di due pagnotte di pane bianco. Mia nonna disse subito di no mentre mio nonno un po’ s’illuminò in viso. I suoi figli quella sera avrebbero potuto cenare con qualcosa che andasse oltre la solita zuppa di spinaci. Chiese loro di aspettare un attimo. Andarono in cucina dove i bambini avevano smesso di giocare, non litigavano e non facevano i servizi imposti dalla madre ma sognavano di mangiare a occhi aperti.
“Questa è una grande opportunità. Vedi come stanno male? Non mi interessa avere oro in casa se i miei figli restano affamati. Che razza di genitore sono? “
Mia nonna lo guardò rassegnata ma le diede solo due monete d’ oro. Tornarono in negozio. I due militari fascisti avevano già finito di mangiare metà dei dolci e ridevano contenti. Mio nonno fece presente loro che avrebbe accettato l’offerta e che in quel momento però disponeva solo due monete di oro. Per questo motivo, se i militari non avessero accettato non si sarebbe potuto fare niente. Loro contenti cominciarono ridere e a dire che per questa volta potevano chiudere un occhio. Ed è arrivato il momento di far vedere il pane. Questo alimento così pregiato all’epoca che nemmeno i tartufi moderni lo superano in valore.
“Lo vuoi adesso?”  “Noooo” risposerò i fascisti. “ Non possiamo tenerlo con noi. Ce l’abbiamo nascosto in deposito. Mandaci i tuoi figli con noi e lo daremo a loro”
Mio nonno chiamò mio padre e mio zio Jovan e donò loro le due monetine d’ oro raccomandandosi di andare con i signori e di portare il pane dritto a casa. Era solito all’epoca mandare i figli a fare certi servizi. Mio padre e mio zio, felicissimi, obbedirono.
Passarono strade su strade e colline su colline e alla fine si fermarono. “Adesso datemi i soldi e aspettateci qui. Il deposito e segreto” Disse uno di loro a mio zio, che da fratello maggiore teneva i soldini stetti stretti nella sua piccola mano.
I bambini ubbidirono. Passarono minuti e ore intere. Aspettavano in collina con gli occhi pieni di lacrime ma da piccoli uomini che erano non si permettevano di piangere. Si fecero tante partite di calcio con il pallone di stracci che tenevano sempre appresso ma nessuno ancora arrivava. I segnali della fame cominciarono a diventare troppo forti e quindi decisero di tornare a casa.
Appena arrivati vicino alla strada di casa un intero vicinato aspettava loro fuori dalle porte. Avevano sentito tutti che i figli di Vasil erano andati a comprare pane dai fascisti. Qualcuno augurava il bene, qualcun altro il male e qualcun altro ancora sperava in qualche pezzo.
Mia nonna, felice di vederli sani, sebbene a mani vuote, li abbracciò e portò in casa.
Vicino al camino gustarono il solito piatto di una zuppa, mai così buona prima, e successivamente caddero in un sonno profondo.

Kristina Blushi
in foto (Meri, Jovan, Sotiraq e Lirika Blushi)

mercoledì 7 novembre 2018

L'ultima preghiera di un figlio ad un padre

Non ti lascio andare.
Si sono quella bambina testarda che pretende.e tu accontenti sempre. 
Ma questa volta non rispondi e devo per forza crescere. Mi devo dare quelle risposte... 
I perché che la voce muta del dolore domanda mentre tu rimani accanto a me forse come fantasma incatenato dal mio bisogno di averti. 
L'egoismo mi assale perché sei amore incondizionato e io non ti lascio andare. 
Guardami,sorridi,rimani...

lunedì 23 aprile 2018

Merci di scambio


MERCI DI SCAMBIO

Ce chi ha avuto la necessità di regalare
Ma poi è finito di  accusarti  per furto.
Chi ha cercato di renderti  felice
Volendo raggiungere  piacere per se.
Ma non si possono trattare
I sentimenti in un mercato
Come se fossero materiali
Semplici merci di scambio…

Kristina Blushi
  
Foto Web

giovedì 18 maggio 2017

 Foto web - Pagina Fb Alfa - Beta - Korca 1952

Korca (in italiano Coriza) è una città albanese siuata nella parte centro-meridionale del Paese, vicina ai confini con Grecia e Macedonia. E’ situata ad un’altitudine di 850 m s.l.m. e conta poco meno di 100.000 abitanti. A Korca fu fondata la prima scuola albanese nel 1878, e la prima scuola femminile un anno dopo: si fregia dunque del titolo di capitale culturale dell’Albania. La città è importante anche per gli italiani: fu uno dei perni del fronte durante la Campagna italiana di Grecia, nel 1940-1941Durante l’occupazione italiana dell’Albania venne bonificata l’ex palude di Maliqi, ricavando un fertile terreno agricolo che oggi dona agli abitanti della zona cereali, zucchero e birra (non perdetevi il birrificio di Korca, d’estate si tiene anche una bella festa della birra).


venerdì 10 marzo 2017


















Autoprocesso nel buio

Certe notti uccidono il sonno
rendendoti schiavo dei pensieri.
Ti fanno rivivere momenti passati.
Immaginare attimi futuri.
fino all’alba ti torturano
come se fossero soldati di un battaglione nemico,
professori di rigide commissioni d’esami,
giudici supremi.
Ti fanno dimenticare che la forza del presente
è un avvocato molto potente.
Trascinandoti nei loro abissi ti accusano.
Così ti processi in prospettiva e retrospettiva.
Ti condanni, ti assolvi senza renderti conto che fai tutto da solo.
Provi una paura sincera e profonda.
Ma quando la luce illumina il cuscino,
dimentichi la sentenza di merito
rinviandola al sonno.
E poi…
Poi suona la sveglia e ti prepari per andare al lavoro.

Kristina Blushi WIP EDIZIONI 2012





AUTOPROCES NË ERRËSIRË
Ka netë që ta vrasin gjumin Dhe në skllav të mendimeve
Të shndërrojnë. Ec ti marrësh Me mend pastaj çastet që pas
Do vijnë. Të torturojnë deri në agim Sikur të ishin ushtarë armiq, Profesorë të rreptë në provime, deri dhe Gjykatës të lartë. Të del nga mendja se forca e sotme Është avokati më i fuqishëm, Të tërheqin në humnera dhe
Të akuzojnë sërish. Kështu procesi I dyanshëm si padshur ka trokitur. Të dënojnë, të falin pa e kuptuar Se gjithçka e bën vetë, i zhytur Në frikën e thellë të sinqeritetit. Por kur drita bie mbi jastëk, E harron vendimin në fjalë Dhe gjumit ia përcjell.
Më pas… Më pas bie zilja, ti përgatitesh
Për të dalë diku jashtë, se Natyra të ndjell.

@ Arjan Th. Kallço